Per decenni le fidejussioni bancarie sono state “tutte uguali”, tutte basate sullo schema ABI (Associazione Bancaria Italiana), costituendo, di fatto, un cartello privato di società (le Banche). Va comunque precisato, però, che l’ABI non ha né il potere di fare le leggi, né di derogare alle leggi vigenti. E’ per questo che la Corte di Cassazione, per fornire un’adeguata tutela ai consumatori, ha dichiarato nulle alcune clausole delle fidejussioni a schema ABI.

In particolare, le clausole sono dichiarate nulle:

  1. Quando nella fidejussione c’è scritto che il fidejussore rimane obbligato, anche se il contratto principale è considerato invalido;
  2. Se c’è scritto che la Banca può agire contro il fidejussore senza limiti di tempo;
  3. Se la Banca fa pagare al fidejussore tutta la somma intera benché il debitore principale abbia già pagato una parte del debito.

Il vantaggio in questi casi è che tale nullità può essere fatta valere contro la Banca in ogni momento, senza limiti di tempo poiché la legge stabilisce che la nullità non si prescrive.

Pensate all’ipotesi molto ricorrente nella quale il legale rappresentante o uno dei soci rilascia una fidejussione a favore della società garantendo con il proprio patrimonio personale, che spesso è rappresentato dalla propria casa.
Quindi chi ha pagato al posto della società (debitore principale), oppure ha ricevuto un decreto ingiuntivo da parte della Banca che gli intima di pagare, può controllare se il contratto di fidejussione che ha firmato contiene una delle tre clausole sopra spiegate e invocarne la nullità, ad esempio facendo opposizione al decreto ingiuntivo della Banca, affinché il Giudice dichiari la clausola invalida e quindi senza nessun effetto nei confronti del fidejussore, il quale non sarà più costretto a pagare il creditore.

Avv. Alessia Pozzati

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